Capitolo XI – Duri a morire

Non è la vittoria a fare leggenda uno sportivo, bensì la sua voglia di vincere. Il campione è colui che vince, la leggenda è colui che corre col cuore. Penso a gente come Simoncelli o Villeneuve, campioni senza corona, o Schumacher, amato unilateralmente soltanto quando riscopertosi bambino negli ultimi anni in Mercedes, a lottare nel mucchio col coltello fra i denti con la fame di un ragazzino.

E’ la storia di tanti campioni, ritiratisi e ritornati, perché fuori dal campo la loro vita è soltanto noia. Il più grande tutti Tazio Nuvolari, che nel 1948 oscurò la grande vittoria di Biondetti alla Mille Miglia senza nemmeno arrivare al traguardo, accostando la sua Ferrari dalle parti di Reggio Emilia. Ritirato si, ma soltanto dopo aver condotto gran parte di gara, con una macchina che cadeva a pezzi, a 56 anni e con una malattia già in stato avanzato. “Giornate come queste alla nostra età non ne capitano molte…”, chioserà Nivola rivolgendosi al Drake dopo quella grandiosa sconfitta. E in effetti giornate quella non ne tornarono più, ma tra tutte le grandi gesta di Nuvolari divenne proprio quella sconfitta la più grande vittoria.

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