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Capitolo XI – Duri a morire

Non è la vittoria a fare leggenda uno sportivo, bensì la sua voglia di vincere. Il campione è colui che vince, la leggenda è colui che corre col cuore. Penso a gente come Simoncelli o Villeneuve, campioni senza corona, o Schumacher, amato unilateralmente soltanto quando riscopertosi bambino negli ultimi anni in Mercedes, a lottare nel mucchio col coltello fra i denti con la fame di un ragazzino.

E’ la storia di tanti campioni, ritiratisi e ritornati, perché fuori dal campo la loro vita è soltanto noia. Il più grande tutti Tazio Nuvolari, che nel 1948 oscurò la grande vittoria di Biondetti alla Mille Miglia senza nemmeno arrivare al traguardo, accostando la sua Ferrari dalle parti di Reggio Emilia. Ritirato si, ma soltanto dopo aver condotto gran parte di gara, con una macchina che cadeva a pezzi, a 56 anni e con una malattia già in stato avanzato. “Giornate come queste alla nostra età non ne capitano molte…”, chioserà Nivola rivolgendosi al Drake dopo quella grandiosa sconfitta. E in effetti giornate quella non ne tornarono più, ma tra tutte le grandi gesta di Nuvolari divenne proprio quella sconfitta la più grande vittoria.

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Capitolo X – La rosa del deserto

E’ il 14 gennaio 1986 e la storia che vi sto per raccontare è ambientata nel deserto del Ténéré, un luogo che per i tuareg significa soltanto “deserto”, il cuore dell’inferno sahariano, la parte centrale, il quattordicesimo cerchio dell’inferno dantesco, un luogo inospitale a nord del Mali fra i monti dell’Air e quelli dell’Ahaggar. Gli amanti della Dakar lo conoscono come una delle parti più difficili e se sbagli qui ad ogni modo la tua vita cambia: se muori è finita, se sopravvivi non ci tornare più, perché il destino non ti darà una seconda chance.

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Capitolo IX – Howmet TX, una follia in silenzio

NURBURGRING, Agosto 2009 – Fa freddo al Nurburgring e nonostante l’estate ormai matura in Germania – come nel resto d’Europa – le temperature cambiano molto velocemente. La voglia di uscire dalla sala stampa fossimo ad una gara di Formula 1 potrebbe anche venir meno, ma se sai che in pista ci sono gli sport prototipi dell’età dell’oro allora no. Se ami le corse non puoi resistere; prendi giubbotto e felpa ed esci ad ascoltare la musica dei loro motori, per impararli a riconoscere e per testimoniare ciò che hai sentito. Sauber C5 BMW, Porsche 935 e 936, poi una 908, una Ford GT e il suono sordo di una Corvette…solo per dirne alcune. Continua a leggere Capitolo IX – Howmet TX, una follia in silenzio

Capitolo VIII – Accadde una notte a Le Mans

Capita ogni tanto a Le Mans nel buio e nel silenzio interrotto da ruggiti mostruosi che lì davanti a tutti trovi il pilota che non ti aspetti. Nessuno, nemmeno lui sa come abbia fatto o dove siano realmente i suoi inseguitori, ma tutti sanno il perché si trova lassù in prima posizione. Quella è semplicemente la sua notte, quella in cui in una maniera o nell’altra, la dedizione e il sacrificio si trasformano in quella che i maligni chiamano fortuna e i romantici destino. Continua a leggere Capitolo VIII – Accadde una notte a Le Mans

Capitolo VII – Una promessa da mantenere, un segno da lasciare nella storia

“Ci ho corso, e vinto, ai tempi delle Sport. Sono molto orgoglioso di aver dato un contributo a questa grande tradizione. E spero anche che la tradizione si rinnovi in futuro in qualche forma”. Inverno 1994. Parole di Micheal Schumacher in merito al suo passato con Mercedes. Una promessa, da rispettare prima o poi in “qualche forma”. Erano i primi anni ’90, quando ai i tempi i giovani ruspanti venivano chiamati “yuppie”. Ragazzi affamati, pronti a tutto; pure a gettarsi col cuore in gola su per l’Eau Rouge affermando, mentendo, di averlo già fatto in passato. Una bugia a fin di bene, una menzogna da classico “yuppie” o forse, più semplicemente, un elogio alla follia. Sta di fatto che fin dal principio la storia di Michael Schumacher aveva già nel suo insito tutti i connotati del romanzo. Continua a leggere Capitolo VII – Una promessa da mantenere, un segno da lasciare nella storia

Capitolo VI – Jo e Pedro, una questione d’onore

Pedro e Jo corsero soltanto una sola volta sulla stessa 917, o meglio, ci finirono per caso. Successe a Sebring nel 1970, anche se a due ore dalla fine la vettura di testa affidata a Siffert e Redman era fuori. I mozzi modificati da 6 a 4 bulloni non tenevano e l’unica chance di vittoria per la Porsche era una rimonta impossibile sulla Ferrari di Andretti. Serviva un miracolo, che poi non accadrà, per recuperare il tempo perso nelle riparazioni e per provare l’impossibile serviva l’aiuto di Jo Siffert,  il primo a potersi per metter di dare del Tu alla 917.

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Capitolo V – L’altra vita di Jo Siffert

Essere svizzero sarà anche una fortuna per alcuni: vita tranquilla, niente sorprese. Tutto che va prevedibilmente bene; ma se da grande vuoi fare il pilota; credetemi, questa è sfiga. Saranno anche passati sessanta anni dal giorno in cui Pierre Levegh perse la vita a Le Mans e ben sessantasei dall’ultimo vero Gran Premio di Svizzera corso sul magnifico circuito di Berna ma il tempo non ha ancora cancellato un bel niente. Eppure, ancora prima che i circuiti si chiudessero per sempre, il piccolo Joseph “Jo” Siffert capì che l’unica cosa che gli interessava veramente nella vita erano le corse. Continua a leggere Capitolo V – L’altra vita di Jo Siffert

Capitolo IV – “Mas aprisa Pedro”

In una gara di ventiquattro ore i meccanici non hanno tempo per riposarsi, la notte prima della gara dormono molto poco e la sera dopo la corsa in caso di vittoria festeggiano a lungo. Lunedì 1 febbraio fra i meccanici della JW Automotive qualcuno si svegliò maleodorante di champagne, altri ancora in luoghi sconosciuti, tanti persero il loro aereo e nessuno riuscì ad avere un ritorno tranquillo; ma chissenefrega, ciò che importava davvero era altro. “I meccanici Gulf vincono per John Wyer e per la Porsche”, recitavano i giornali, e quella volta Daytona fu semplicemente una questione di cuore.
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Capitolo III – L’inferno è per gli eroi

Era una mattina di marzo nella Florida inizio anni ’70 e i movimenti culturali del post “Beat generation” erano ancora lontani dalle corse, dove il conservatorismo era ancora padrone di tutto,  nonostante i freschi cambiamenti portati dalla nuova Eldorado scoperta con l’arrivo degli sponsor. Nel paddock di Sebring i soliti piloti più forti del mondo: Henri Pescarolo, Mario Andretti, Jacky Ickx, Rolf Stommelen, Hans Hermann, tanto per citarne alcuni, più tutti i personaggi delle corse americane, come Mike Parks o Dan Gurney. C’è pure il funambolo inglese Mike Hailwood e nella folla gli spettatori scalpitano per fotografare i loro eroi. Tra di loro Louis Galanons, uno dei fotografi più importanti del periodo, che quel giorno portò a casa gli scatti di tutti i suoi beniamini…tutti più uno: Continua a leggere Capitolo III – L’inferno è per gli eroi

Capitolo II – La notte dei lunghi coltelli

La chiamano la “notte dei lunghi coltelli”. Niente di macabro, niente assassini e soprattutto niente fraintendimenti: la motivazione è semplicemente ottica. Basta andare sul logo del delitto per capirlo e vedere dal vivo che effetto fa la “Notte del Turini”. Un budello di luci che tagliano come lame il buio ed il silenzio. Un groviglio di curve infinito fra neve, acqua, ghiaccio e situazioni al limite dell’impossibile. Chi conosce i rally sa di cosa stiamo parlando: la tappa più importante nel più importante di tutti i rally. Vincere qui significa entrare nella storia, sempre e comunque, anche se le cose sono cambiate, anche se le corse ora non hanno più quella magia, anche se ormai niente è più come prima. Nonostante tutto resta il Turini, “l’altare dei giganti”, dove gli dei vengono incoronati o sacrificati. Continua a leggere Capitolo II – La notte dei lunghi coltelli